''Pippo Inzaghi'' racconta: "Ho smesso un anno prima per colpa di Allegri"
L’ex attaccante oggi allenatore si racconta nel libro “Il momento giusto” scritto con il giornalista della Gazzetta G.B. Olivero: “Senza il pallone ho avuto paura, ho pensato persino di avere la Sla”
Oggi è in uscita nelle librerie l’autobiografia di Filippo Inzaghi. L’edizione odierna della Gazzetta dello Sport riporta stamattina una parte del libro in cui l’ex attaccante rossonero racconta il suo addio al calcio: “Era stato Allegri a chiudere la mia carriera da giocatore. Io e il Milan, infatti, nella primavera del 2012 avevamo trovato un accordo per prolungare di un anno il mio contratto. Io sarei stato un importante collante nello spogliatoio che nel giro di poco tempo aveva perso Maldini, Pirlo, Nesta, Gattuso, Seedorf. Elementi di spessore che avevano lasciato un vuoto profondo.
Non avrei accampato alcuna pretesa… Galliani era felice di aver trovato insieme a me questa soluzione. Allegri invece la bocciò, non mi voleva più nello spogliatoio e lo disse al dirigente chiedendo che non mi fosse rinnovato il contratto. Per me fu una mazzata”.
L’ex attaccante oggi allenatore si racconta nel libro “Il momento giusto” scritto con il giornalista della Gazzetta G.B. Olivero: “Senza il pallone ho avuto paura, ho pensato persino di avere la Sla”
Da oggi è in libreria “Il momento giusto”, l’autobiografia edita da Cairo che Pippo Inzaghi ha scritto insieme a G.B. Olivero, giornalista della Gazzetta. Oggi alle 18.30, alla Mondadori in piazza Duomo a Milano, ci sarà la presentazione. Anticipiamo qui quattro estratti.
L’ULTIMO GOL, IL REGALO AL MIO SAN SIRO
Dettare il passaggio è come un passo di danza a distanza con il tuo compagno: bisogna lavorare bene in coppia, lui deve servirti al momento giusto e tu devi farti trovare al posto giusto. Ci sono tutto io in quest’azione. Parto sulla linea del fuorigioco. Seedorf ha capito in anticipo, il suo lancio è perfetto, io stoppo di petto e mi defilo leggermente sulla destra. Ma non ho bisogno di guardare la porta, non mi è mai servito: io la “sento”. Fontana, portiere del Novara, mi esce incontro con prontezza e mi chiude lo specchio, almeno è ciò che crede. Io faccio una girata di destro e la palla finisce in rete. Impazzisco. Corro sotto la curva, il primo ad abbracciarmi è Nesta. L’ultimo tiro della mia vita è un gol: non ho più alcun dubbio, non mi farò tentare da nessuna offerta, questa è la mia ultima partita. È finita. Prima di tornare a centrocampo mi fermo, mi giro verso i tifosi, mi inginocchio, sollevo la maglia e la bacio. Un bacio commosso, dolce, gonfio di eterna gratitudine. L’arbitro fischia, vedo mio nipote Tommaso correre da me. Lo stringo forte, mi si chiude il cuore. Guardo la mia Sud e la saluto… Ciao Milan, ciao San Siro. È stato bellissimo.
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